
Centrosinistra 16 Centrodestra 0 M5S 2: risultato netto, ma in che termini?Vediamo un po’.
Si tratta indubbiamente di una vittoria del centrosinistra ma, tra astensionismo e questioni politiche comunque ancora aperte, attenzione a quella che, in una visione generale del Paese, potrebbe essere una vittoria di Pirro.
Infatti, a maggior ragione in presenza di un campione di elettori poco rappresentativo e comunque in sostanziale assenza di un voto di opinione, è fuorviante dare al dato delle elezioni amministrative la valenza di quelle politiche.
Difatti, anche se il contesto della stagione politica attuale sembra segnalare questa tendenza, un’elezione non è la gara di chi ha il freno a mano più tirato o di chi perde meno voti di quanti ne perdano altri.
A proposito, l’analisi di Grillo in merito sembra davvero stupefacente: “Il cammino del M5S è lento ma inesorabile”. Ora, con tutto il rispetto parlando, “inesorabile” grazie a Pomezia e Assemini?
nonostante o forse proprio grazie all’astensionismo, il PD sostenuto da una coalizione di centrosinistra ha vinto queste elezioni in un Paese,come l’Italia, che di centrosinistra sicuramente non è. Ovviamente non si può sottovalutare il dato dell’astensione ed è molto probabile che questo successo sia legato a quel voto di appartenenza prerogativa di un partito ben strutturato e radicato nella società com’è, appunto, il PD. Anche per questo ogni tanto si sente dire che il PD è “l’unico vero partito”. In ogni caso, se è indubbio che la partecipazione sia stata decisamente scarsa è pur vero che se cambiano colore anche “città bandiera” come, ad esempio, Treviso, Brescia e Imperia o Vicenza già al 1° turno, la vittoria non può essere solo questione di scarsa affluenza e di forte radicamento. Anche perché altrimenti, venuto meno il voto di opinione, un partito territorialmente radicato -in Veneto ma non solo- come la Lega Nord sarebbe dovuto restare in linea con i suoi risultati. Invece si è visto il crollo. Certo, così come a Treviso è finita l’era degli sceriffi, a Roma è finita quello dello zoccolo duro post MSI, frutto anche del capolinea del vecchio schema di una destra sociale che, in un contesto rinnovato e mutato, non riesce più a dare risposte efficaci. Questione di un cambiamento non solo generazionale ma anche di modo di fare politica e di valore dei singoli candidati. Senza contare che, piaccia o non piaccia, l’Italia è sempre di più un paese in cui le posizioni più radicali ed estreme di qualsiasi ambito politico fanno sempre meno presa.
Certo, i risultati non prescindono dal fattore umano e dalle persone ed in questo senso puntare, come ha fatto il centrosinistra, su persone di qualità può fare la differenza. Su questo e sul valore di una classe dirigente, tornerò dopo.
Tra l’altro, a proposito di classe dirigente e di coalizioni elettorali, pare decisamente difficile dire che questo risultato elettorale sia la conseguenza della vittoria delle larghe intese.
Infatti, al di là del fatto che i risultati ottenuti fino ad ora da un governo in carica da pochi mesi non possono essere tali da legittimare una forte ventata di ottimismo che si tramuta in un notevole consenso elettorale, basterebbe analizzare la composizione politica delle coalizioni per rendersi conto che, rispetto alla maggioranza di governo nazionale, la diversità dei partners politici non è cosa da poco. Infatti mentre in Parlamento la maggioranza è costituita da PD, PDL, Scelta Civica e Centro Democratico e all’opposizione ci sono SEL, Lega Nord e Fratelli d’Italia, alle amministrative le coalizioni sono quasi sempre queste: PD, SEL, Centro Democratico da un alto e PDL, Lega Nord e Fratelli d’Italia dall’altro. A questo punto, mi spiegate dove sarebbe la vittoria della larghe intese?
Al più, si potrebbe forse arrivare a dire che questa è la vittoria di una coalizione di centrosinistra e dell’alternanza democratica. Questione (anche) di un’alternativa alle larghe intese che sa fare la differenza. Comunque, auguri a chi, tra previsioni di un PIL in continuo e forte calo, un patto di stabilità soffocante e persone e gruppi sociali che, proprio perché sono rimasti indietro, chiedono a gran voce riforme eque in una società sempre più debole a cui manca sempre più ossigeno.
Grillo e il M5S? Protagonisti di un vero tonfo anche in Sicilia e non pervenuti tranne nei due comuni già citati. Ma questo è un altro discorso per cui servirebbe un altro post. Immagino comunque che, questa volta, il botto forte e chiaro sia stato Grillo a sentirlo. Almeno, lo spero per lui.
Il risultato del centrodestra, invece, sembra anche essere indice del mutamento dell’orizzonte politico e di una destra sociale che non sembra più in grado di coinvolgere le componenti di destra moderata la quale peraltro soffre terribilmente l’assenza di un vero leader. Infatti in questa campagna elettorale il centrodestra sembra aver comunque scontato una mancanza di leadership che non può essere sostituita dalla presenza né dalla somma di tanti ras locali i quali, a livello di opinione, risultano relativamente incisivi. Cosa che per un partito di opinione rischia di avere risultati, come si è visto, drammatici. In sostanza, piaccia o non piacce. in questo momento il PDL e, più in generale, il centrodestra non possono prescindere dalla figura, per quello schieramento carismatica, di Silvio Berlusconi.
A proposito, la Lega Nord? Un partito dentro al quale le divisioni interne certamente pesano anche agli occhi dell’elettore. Infatti, una volta persa, anche agli occhi dell’elettorato che non ha (ancora) dimenticato i casi Belsito e simili, la storica purezza leghista, è entrato in crisi il modello politico fondativo stesso della Lega. Se quindi il partito di Bossi prima e di Maroni poi non cambierà sia pelle sia fondamenta, potremmo trovarci in un futuro più o meno prossimo in cui della vera Lega non resterà poi molto.
In conclusione, i primi protagonisti, insieme all’astensionismo, di questa tornata elettorale: il Partito Democratico e il centrosinistra che, dato pacifico, sono senza dubbio i vincitori delle amministrative. Traguardo raggiunto soprattutto grazie all’esistenza, sul territorio, di una classe dirigente diffusa e di una militanza attiva e spesso nativa democratica, capace di lanciare un messaggio e una schema politici nuovi e diversi.
Contemporaneamente, però, va anche considerato il dato per cui la coalizione di centrosinistra ha vinto in presenza di un fortissimo astensionismo e di un voto sostanzialmente militarizzato che però per vincere un’elezione degnamente partecipata com’è, ad esempio, un’elezione politica, in cui il consenso della sola visione di sinistra più o meno moderata e/o annaquata non basta più. Se infatti si uscisse dallo stato di rassegnazione dell’elettorato e quest’ultimo, si spera, si rivitalizzasse, il conseguente aumento della partecipazione, il consenso di una componente di centrosinistra non basterebbe più perché il cosi detto voto di indecisi o moderati sarebbe significativo per vincere le elezioni.
Ed è in questa direzione che, conservando persone valide e una buona proposta politica, bisogna guardare per affrontare gli appuntamenti futuri in modo vincente. Se infatti il centrosinistra ha vinto le elezioni amministrative ma ha perso le elezioni politiche politiche ben più partecipate, ciò è anche all’orizzonte politico in cui questo schieramento politico si colloca; una coalizione vincente va dunque allargata anche considerando la collocazione politica dell’elettorato italiano. Ciò dev’essere opportuno elemento di riflessione sia per la piattaforma politica delle prossime elezioni sia per il momento in cui si andrà a rinnovare il congresso di un Partito Democratico che, si spera, abbia l’ambizione di non rappresentare solo sé stesso e quel voto di appartenenza che gli è proprio e che si è visto alle elezioni amministrative. Serve a poco, infatti, vincere lo scudetto, magari l’Europa League, senza poi vincere la Champions e magari il Mondiale. Non sarebbe una non vittoria, bensì una sconfitta.